Proptech e innovazione digitale: il nuovo mondo del real estate

Al tempo del covid anche nel settore real estate sta avvenendo una grande accelerazione. Lo sviluppo del proptech ha rivoluzionato il mondo immobiliare, creando nuovi professioni e nuovi ambiti di crescita

Uno degli effetti più evidenti di questo terribile periodo è l’accelerazione, anche estrema, di molti elementi di innovazione. Dalla rapidissima diffusione dello smart working, alla rivoluzione dei canali della distribuzione commerciale, sino alla telemedicina. Questa rivoluzione ha investito anche uno tra i settori che in precedenza erano tra i più restii e refrattari alla diffusione massiccia dell’innovazione digitale, ovvero quello del real estate. Le ragioni di questo ritardo sono molteplici e hanno radici profonde anche a livello culturale. Le proprietà immobiliari – che in Italia sono detenute in larga misura da privati e famiglie – costituiscono la ricchezza frutto dei sacrifici di generazioni e sono considerate un bene talmente “importante” da non poter essere esposto a rischi non ben conosciuti, in contesti di scarsa facilità tecnologica. Inoltre, gli stessi intermediari, soprattutto nei piccoli centri urbani, avevano scarsa propensione a modificare il loro modello di business.

Prima del covid erano ancora pochi, ad esempio, gli agenti immobiliari che lavoravano quasi esclusivamente su piattaforme digitali, proponendo visite virtuali ai potenziali acquirenti, investendo su mezzi tecnologici che consentissero un’ottimizzazione e un controllo di tutti i processi, dalla valutazione degli asset al perfezionamento dei contratti. La pandemia ha reso queste applicazioni indispensabili e gli operatori hanno dovuto adeguarsi in modo tempestivo per non essere tagliati fuori dal mercato.

Ma, occorre sottolineare, questo effetto choc l’hanno subito tutti e tutti hanno dovuto reagire immediatamente. Quanti prima si sarebbero fidati di una visita virtuale per affittare o acquistare una casa? Quanti venditori si sarebbero sentiti garantiti da un’offerta firmata digitalmente da un potenziale acquirente mai incontrato o visto solo durante una riunione su zoom?

I periodi di lockdown e la difficoltà (o il timore) di incontrare le persone ci hanno portato molto rapidamente – per usare una metafora – dai voli dei fratelli Wright ai primi voli di linea. Certo per arrivare alle compagnie low-cost e alla diffusione dei voli commerciali che abbiamo conosciuto, c’è ancora parecchia strada da fare. Ma il primo tratto, forse quello più in salita, è stato percorso e ora non è più possibile tornare indietro.

Proptech è un termine anglosassone coniato piuttosto di recente unendo i concetti di property e technology, che va a definire le svariate applicazioni delle soluzioni digitali al settore immobiliare. In realtà, le radici di questo concetto affondano in tempi piuttosto lontani: pensiamo ai pionieri della software house Autodesk quando nel 1982 crearono AutoCad, il programma di disegno tecnico assistito che consente elaborazioni tridimensionali forse più longevo, che ancora oggi, arrivato alla trentaquattresima release, è utilizzato da milioni di ingegneri e architetti in tutto il mondo. Il proptech è destinato a operare una vera rivoluzione nel mondo del real estate, parallela a quella avvenuta nel mondo della finanza, definita con il termine fintech, tanto che si definisce già real estate fintech il nuovo settore della finanza digitale legata al real estate che comprende attività come il brokeraggio, il crowdfunding, gli investimenti digitali e le aste online.

Le potenzialità del proptech sono enormi e i confini in continua espansione, legati solo all’evoluzione del digitale e al superamento della burocrazia e dei vincoli formali atavici. Siamo – pur se ancora nella fase embrionale – nell’era dell’automazione, della blockchain, della realtà virtuale aumentata, e questo non poteva non rivoluzionare il modo di costruire, gestire, acquistare o affittare gli immobili.

Certo, oggi è ancora difficile pensare ad acquistare un immobile senza l’intervento di un notaio che verifichi la bontà del titolo e l’assenza di trascrizioni pregiudizievoli e l’introduzione della catena blockchain per certificare la validità di un titolo di acquisto non pare di semplice realizzazione. Ma chi avrebbe detto trent’anni fa che con uno smartphone si sarebbe potuto perfezionare un acquisto in Borsa?

Il proptech, potrebbe divenire una nuova filosofia, un modo differente di concepire il mercato immobiliare e le relazioni tra i suoi attori: investitori, sviluppatori, costruttori, intermediari e consumatori. Una nuova concezione degli stessi edifici e più in generale del contesto urbano del futuro, che nel contesto proptech assume declinazioni del tutto innovative: edifici intelligenti meno energivori e che anzi contribuiscono a riequilibrare le risorse, la sharing economy applicata al real estate, una nuova concezione dell’edilizia residenziale (la cosiddetta ConTech), una nuova finanza integrata al real estate più largamente diffusa (anche con il crowdfinding), più accessibile e quindi speriamo più etica, il co-working che sta rimodellando il settore degli spazi per uffici, il co-living che offre nuovi ambienti al mercato residenziale e l’ormai inarrestabile home sharing per le locazioni di breve periodo o transitorie.

In questo “mondo nuovo” del real estate, come è già accaduto in molti altri settori, l’innovazione sta facendo emergere professioni nuove (pensiamo ai piloti di droni che mappano il territorio, ai nuovi arredatori di abitazioni da visitare virtualmente, ai “raccoglitori” di big data per le analisi del mercato immobiliare e agli sviluppatori di software di intelligenza artificiale applicata al nuovo internet delle cose) e metteranno irrimediabilmente a repentaglio altre professioni (o meglio, un modo ormai obsoleto di operare). E come in tutte le evoluzioni della specie – ci ha insegnato Charles Darwin – solo coloro che saranno in grado di adattarsi al nuovo contesto innovandosi e leggendo le novità come opportunità, potranno crearsi dei vantaggi competitivi interessanti e risultare vincenti nel mercato del futuro, che speriamo possa dimenticare presto l’orribile esperienza della pandemia.

Al SED di Caserta la teoria del bicchiere d’acqua per la digitalizzazione dell’edilizia

Come il BIM, l’IoT (l’lnternet of Things) e la Blockchain possono interagire e contribuire alla digitalizzazione del settore edile.

Al SED, il Salone dell’Edilizia Digitale di Caserta, in programma dal 27 al 29 Maggio 2021 si parlerà di BIM, di IoT e di Blockchain con l’esperienza diretta di numerose aziende espositrici che hanno fatto di queste metodologie ed approcci lo standard nei loro prodotti e servizi. L’idea di base della fiera, che si terra in presenza, è quella di rafforzare il processo di digitalizzazione nel settore dell’edilizia.
A dispetto di quanto si possa pensare, l’edilizia è uno dei settori meno digitalizzati. Partendo da questo presupposto l’Università di Nottingham Ningbo China arriva ad un interessante studio chiamato “teoria del bicchiere d’acqua” (cup-of-water theory) che spiega come il BIM (Building Information Modelling), l’IoT (l’lnternet of Things) e la Blockchain possano interagire e contribuire alla digitalizzazione.

Le tre tecnologie alla base della teoria

Il BIM, Building Information Modelling, è in definitiva un approccio integrato alla progettazione che persegue l’ottimizzazione della pianificazione, realizzazione e gestione di costruzioni tramite aiuto di uno o più software. Tramite essi tutti i dati rilevanti di una costruzione possono essere raccolti, combinati e collegati digitalmente. La costruzione virtuale è visualizzabile inoltre come un modello geometrico tridimensionale.
IoT sta invece per Internet of Things, ossia “l’internet delle cose” o anche “internet degli oggetti” e identifica la connessione ad internet di diverse tipologie di oggetti fisici. I dispositivi IoT sono oggetti intelligenti (smart object) in grado di ricevere e trasferire dati su reti wireless, senza richiedere interventi manuali, perché i suddetti oggetti sono integrati con dei dispositivi di elaborazione provvisti di sensori.
La Blockchain (letteralmente “catena di blocchi”) invece afferisce ad un database distribuito fatto di blocchi di dati che memorizzano transazioni; per essere consolidato all’interno di un blocco, ogni dato, e successivamente ogni blocco prima di essere inserito nella “catena”, viene sottoposto a un processo di validazione. Essa risulta affine al mondo BIM grazie alle sue caratteristiche per la gestione delle informazioni, quali la gestione decentralizzata, la possibilità di registrazione e protezione attraverso firma digitale, la cronologia dei dati.

La teoria del bicchiere d’acqua

Nella sopracitata teoria i dati ed il metodo con cui sono memorizzati e condivisi rappresentano, rispettivamente, l’acqua ed il bicchiere; dunque viene da sé concepire, in funzione della descrizione precedente, BIM e Blockchain come base e pareti del bicchiere ed IoT come acqua. Seppur sviluppati in ambiti differenti (BIM digitalizza le informazioni degli edifici, IoT collega oggetti realistici con internet e Blockchain trasmette i dati in una rete decentralizzata) è grazie all’integrazione di queste tre tecnologie che si può puntare alla digitalizzazione di un settore come l’edilizia: in assenza di BIM non si potrebbero conservare dati, senza Blockchain questi comunque non potrebbero essere gestiti in sicurezza, senza IoT si avrebbe un sistema vuoto. È ancora lunga e in via di sviluppo però la strada per la corretta gestione ed integrazione di questi tre approcci.